mercoledì 22 novembre 2017

Viaggi su misura .

Quando parlo di viaggi e dei luoghi che vedo, parlo sempre omettendo cosa significhi per me affrontare un viaggio.
Per prima cosa significa organizzarlo spesso nei minimi dettagli, che poi possono sempre subire variazioni, ma è importante per me non fare mai le cose in modo troppo superficiale .
La prima cosa da fare se decido di viaggiare in aereo è prenotare l'assistenza. Cosa che mi ha salvata sempre. Le volte in cui non l'ho fatto, me ne sono sempre pentita. Avere a disposizione una carrozzina per evitare di attraversare un aeroporto a piedi, che per me sarebbe davvero stancante, è fondamentale. Se pensiamo al JFK di NY, doverlo attraversare significa fare km a piedi. Cosa che influirebbe troppo su stanchezza e dolori. Prenotare l'assistenza significa anche non stare in piedi durante le code per il check in ed a volte evitare le scale, sia per scendere alle piste che per salire sull'aereo. Insomma tutta la stanchezza dell'aeroporto viene notevolmente diminuita.
Quando sono stata a NY per me è stato importante valutare anche tantissime altre cose. Abbiamo scaricato una cartina della metro in cui venivano segnalate tutte le stazioni munite di ascensore. Evitare tutte quelle scale per le mie gambe è stato di vitale importanza. Quindi con mappa sul cellulare sapevamo sempre dove era meglio scendere o salire. Avevamo le cartine per i bus. E sulle stesse cartine digitali, tutti i luoghi di interesse con i vari take away vicini, per evitare di girare troppo a vuoto.
Suddividevamo sempre le giornate in due parti, per avere la possibilità di riposare almeno 2 orette il pomeriggio. Ho visitato NY sempre con stampella e con antinfiammatori e antidolorifici a portata di mano. Ciò nonostante arrivavo spesso a fine serata strisciando e con dolori praticamente ovunque. Quando sono stata su Skye in Scozia, mentre andavamo a consumare l'ultima cena della vacanza in un pub, la mia rotula si è fratturata. Così, all'improvviso, mentre camminavo. Ho trascorso una notte da incubo nel B&B e la giornata seguente da inferno all'aeroporto. Non avendo prenotato l'assistenza mi è stata data una carrozzina da utilizzare solo fino al gate e poi con un ginocchio rotto, ho dovuto arrangiarmi a fare tutte le scale. Per poi affrontare 2 ore e mezza di volo e il viaggio in auto da Bologna a Brescia. Quindi no, non è mai facile.
Ma a volte trovo che le persone ragionino troppo in modo semplicistico. Quando vedono che una persona con difficoltà fisiche ed economiche viaggia, il primo pensiero è "beh allora non sta poi così male". Vorrei dire a queste persone che si può viaggiare anche se si hanno pochi soldi, risparmiando, facendo sacrifici e adeguando il viaggio alle proprie possibilità. E soprattutto,che si può viaggiare nonostante i problemi fisici. Stringendo i denti, evitando di lamentarsi per ogni cazzata e prendendo tutte le precauzioni possibili.
Si viaggia ognuno a proprio modo. Esiste un modo diverso per fare qualsiasi cosa. Il mio è su misura per me.
Quando devo partire non penso mai alle cose che potrebbero andare storte, penso solo che sto realizzando un nuovo sogno.
Pochi mesi dopo la frattura alla rotula, avevo un volo per Valencia prenotato. Non l'ho disdetto, non ha vinto il timore. Il mio corpo è questo, è fragile, che io sia al supermercato vicino a casa mia, che io sia dall'altra parte del mondo.
A volte è vero vince la sua fragilità, ma quando vinco io, ecco quella si chiama VITA.
Chiara

Un tempo piccolo

Ci sono periodi in cui sento forte e chiara la motivazione di chi fa scelte estreme. Di chi decide di mollare un mondo che lo opprime per tornare a vivere una vita quasi primordiale.
Ci sono momenti in cui l'unica cosa che vorrei è niente.
Una manciata di salute, un po' di anni di vita, il vento in faccia e una mano da tenere durante lunghe passeggiate.
Rinuncerei a tutto.
A volte mi guardo intorno e mi sembra di vedere un miliardo di vite impazzite, che corrono contro un tempo che non basta mai. Il lavoro, la burocrazia, gli uffici, gli appuntamenti, le scadenze, carte da compilare, documenti da presentare, il traffico, i semafori e mille pensieri che si sovrappongono in continuazione. Non vi viene mai la tentazione di premere PAUSA?
Ho sempre la profonda convinzione che sia tutto sbagliato, che abbiamo fatto un gran casino, che abbiamo esagerato in tutto. Che ci siamo spinti verso una realtà dove gli impegni ed i doveri sovrastano i sentimenti, i piaceri, il tempo per sé stessi. La sensazione che abbiamo dato priorità a qualcosa che forse non lo meritava. A volte sembriamo programmati solo per per sistemare pratiche prima della nostra dipartita, siamo costretti a credere che il dovere sia al di sopra di qualunque piacere. Sembriamo soldatini caricati a molla per arrivare in tempo agli appuntamenti. Per risolvere situazioni che dovrebbero andare in un certo modo ma puntualmente subiscono intoppi, ritardi, disguidi e come cavallette saltiamo da un ufficio all'altro, per rimediare ad uno sbaglio che qualcun altro ha fatto.
Siamo stanchi, perché risolta una questione, se ne presenta un'altra. Accantonato un problema ecco sbucarne uno nuovo.
Poi aspetti, aspetti. Aspetti risposte, conferme, esiti, aspetti una chiamata, un messaggio, una email. Aspetti anche quando non c'è più tempo per aspettare.
Allora succede. Succede che inevitabilmente immagini un cottage fatto di pietre, sull'oceano, sprovvisto di tv e di Wi-Fi, dove l'abitazione più vicina dista chilometri, dove il rumore più forte è quello del vento. Inevitabilmente immagini una coperta e due panini, un paio di birre e una lanterna. Immagini il silenzio, una zuppa sul fuoco e tanti libri a riempire le pareti. Immagini di non avere bisogno di niente. Perché quello che hai in realtà è tutto. Un tempo per non avere fretta, un tempo senza orari, un tempo per chi ami e per ciò che adori fare. Un piccolo tempo, quasi spoglio, ma talmente ricco da non sentire il bisogno di chiedere altro.
Un tempo per essere chi sei e non per essere ciò che fai.
Chiara

giovedì 16 novembre 2017

a Joshy !

Ho scritto questa piccola fiaba pensando ad Anna un'amica che di professione fa la maestra di sostegno. Tutto nasce da ciò che spesso mi racconta dei suoi bambini, in particolare Joshy che lo scorso anno le ha rubato letteralmente il cuore. Un bambino dalle mille difficoltà, ma che le ha saputo donare infinite emozioni. So che è piuttosto lunga e richiede un po' di tempo, ma ci tenevo a condividerla con voi.

Joshy era uno scoiattolo, Joshy era un Erede.
Chi erano gli Eredi? Gli Eredi erano i custodi della natura. Nascere Erede significava avere il potere di far continuare il corso della natura.
Era un ruolo di infinita importanza.
Ogni anno nella Notte dei Racconti ogni Erede dal più giovane al più vecchio, si radunava in un punto preciso della foresta con il compito di raccontare una storia che fosse legata alla natura. Gli eredi erano grandi narratori. Era inciso nel loro DNA.
Ad ogni storia narrata la natura rispondeva, e con un getto di luce proiettava il Frutto che la storia narrata avrebbe fatto nascere.
Potevano essere dei fiori in Amazzonia, un ruscello in Canada, delle fragole selvatiche in un bosco dall'altra parte del mondo. Solitamente i Frutti più grandi nascevano dalle storie dei più anziani. Ma ogni Frutto dal più piccolo, al più grande, aveva lo stesso identico valore. Era la natura che non moriva.
In un mondo minacciato dal cemento, essere un Erede significava essere un guerriero, un eroe.
Joshy lo sapeva bene. Era il più piccolo della sua  famiglia e questa sarebbe stata la sua prima Notte dei Racconti. Era emozionato e terrorizzato allo stesso tempo. Non perché fosse un codardo, tutt'altro, ma perché fin dalla nascita non era mai riuscito a pronunciare una sola parola. Nemmeno la più facile. Nemmeno la più piccola. Tutto ciò che usciva dalla sua bocca erano rumori, dei suoni strani che sembravano provenire da un altro pianeta.
Eppure nella sua testa galleggiavano milioni di parole, storie, canzoni, discorsi di ogni tipo, ma ogni volta che li afferrava per farli uscire, non ne era in grado. Come se una forza superiore a lui lo bloccasse. Come avrebbe fatto a portare la sua storia in dono alla natura? Aveva cercato di trovare infinite soluzioni ma tutte con esiti negativi "è inutile che scrivi ragazzo, la natura non legge, la natura ascolta", "gli altri non possono leggere la storia al posto tuo,  proprio perché è la tua storia" e via dicendo.
Nessuno degli Eredi poteva astenersi alla Notte dei Racconti, solo se un Erede si fosse presentato senza una storia, allora la natura lo avrebbe escluso per sempre. Questo era il destino che Joshy vedeva incombere su di lui.
Gli stambecchi delle montagne erano scesi e avevano portato la data stabilita, tra esattamente quattro giorni sarebbe scesa la prima neve della stagione e la prima neve corrispondeva alla Notte dei Racconti. Gli stambecchi non sbagliavano mai.
Anne era una scoiattolina di qualche anno in più di lui. La sua migliore amica di sempre. L'unica in grado di capire quel suo modo strano di comunicare. Anne intuiva più di tutti, la sua ansia e la sua frustrazione. "Non ti preoccupare" aveva detto "io so che dentro alla tua testa c'è un mondo meraviglioso, qualcosa accadrà, ne sono sicura". Lui le aveva sorriso, aggrappandosi a quella speranza.
Passarono i giorni e la Notte dei Racconti arrivo'.
Joshy si avviò con il padre e la sorella, Eredi come lui, verso il luogo di ritrovo nel bel mezzo della foresta. Vedeva il nervosismo negli occhi di suo padre, già rassegnato a perdere il contributo del figlio in questa missione che durava da secoli. Doveva essere un momento di gioia ed invece l'aria era pesante ed il silenzio tra di loro lo era ancora di più.
La neve aveva iniziato a scendere all'alba ininterrottamente ed un malto soffice e pieno ricopriva già di molti centimetri il suolo.
Arrivarono puntuali al luogo di incontro, alcuni degli Eredi erano in postazione intorno al fuoco, altri stavano arrivando. Joshy si sentì gli occhi addosso, tutti lo stavano guardando con una certa pena, capì che nessuno dei presenti, credeva nei miracoli.
L'Erede più saggio ed anziano, un orso Bruno di nome Ermes a cui tutti nel bosco si rivolgevano per avere consigli di qualsiasi genere, diede il via alla preghiera di iniziazione, una sorta di "permesso" per interagire con la natura. Poi i racconti ebbero inizio.
Il primo a raccontare fu proprio Ermes, raccontò una storia meravigliosa di quando attraversò la foresta sfidando una tormenta di neve per portare il cibo ai propri cuccioli, fu emozionante. La natura rispose puntuale, una luce calda uscì dal falò verso il cielo. Proietto' l'immagine di un grande ruscello, ricco di pesci. Tutti applaudirono con grande entusiasmo, era un Frutto meraviglioso, degno della storia narrata.
Era il turno di Bill, per lui come per Joshy era la sua prima Notte. Ma Joshy conosceva bene Bill, era un riccio chiacchierone che non conosceva timidezza, avrebbe sicuramente fatto un ottimo lavoro. Bill si schiarì la voce e raccontò del suo primo bagnetto nel ruscello, di come sconfisse la paura di annegare e di come fu divertente giocare con i suoi fratelli, raccontò degli scherzi in acqua e delle risate che ci furono. Fu un racconto divertente, e davvero coinvolgente. La natura rispose con la stessa puntualità, un raggio di luce disegnò tre piccoli fiori, bellissimi, con i petali gialli e viola, al centro di un prato. Tutti applaudirono e dissero che era un gran traguardo per essere la sua prima volta. Poi fu il turno di sua sorella e poi quello di Clare, una volpe bianca di una bellezza incantevole. Tutti diedero il loro contributo e fu tutto talmente entusiasmante e magico che Joshy dimenticò completamente l'ansia e la preoccupazione. Fino a quando la voce di Ermes lo svegliò dal suo sognare "tocca a te piccolo Joshy, manchi solo tu".
Joshy sembrò cadere dalle nuvole. Tutti lo stavano fissando.
Toccava veramente a lui. Sua sorella gli sorrise e gli sembrò di vedere il sorriso dolce di Anne.
La neve ormai aveva coperto ogni cosa. Pensò ai disegni bellissimi che la natura proiettava, a quel suo modo universale di comunicare e di farsi capire.
E allora anche lui capì.
Si concentrò intensamente sulla storia che da mesi ripeteva nella sua testa. Iniziò così con le sue piccole zampette a tracciare solchi sul manto bianco e puro della neve. Non erano certo disegni artistici, ma tutti gli animali presenti sembrarono capire. Disegnò sè stesso quando era un cucciolo, davanti alla porta della sua tana. Si disegnò col musino all'insù, gli occhi grandi e spalancati, colmi di stupore, la sua piccola lingua fuori dalla bocca ad assaggiare quei fiocchi freschi che cadevano dal cielo. Tutti videro così la sua storia, quando per la prima volta scoprì la neve. Aggiunse al disegno tanti piccoli cuori tutti intorno per trasmettere la sua gioia e l'emozione di quel giorno. Poi si sedette e con gli altri attese. La natura non fù puntuale, passarono minuti che a lui parvero secoli. Poi accadde, la luce uscì dal fuoco e proiettò il disegno di una macchia di funghetti bellissimi ai piedi di un albero maestoso. Lo riconobbe, tutti lo riconobbero era l'albero più vecchio e grande della loro foresta. La natura gli aveva fatto un regalo. Joshy avrebbe potuto assistere alla nascita del suo Frutto e vederlo giorno dopo giorno. Come a ricordargli che ce l'aveva fatta. Quei funghetti gli avrebbero ricordato in continuazione che era uno scoiattolo speciale, ma allo stesso tempo era proprio come tutti gli altri. E che quel suo mondo luminoso che aveva dentro, in un modo o nell'altro sarebbe uscito. Se non a parole, in tanti, tantissimi altri modi.
Un vento lieve si alzò ed il fuoco piano piano si spense. Joshy sorrise, era un Erede.
Avrebbe contribuito a non far spegnere la memoria antica di una natura in pericolo.
Era un eroe senza parole, ma con mille storie ed emozioni da raccontare.
Chiara

venerdì 10 novembre 2017

godiamoci il vento



- Te lo ricordi quel giorno?
- Quale?
- Quello in cui abbiamo preso in mano la nostra vita e abbiamo deciso che nemmeno il cancro l’avrebbe rovinata.
- Un pochino però c’è riuscito !!!
- Vero, ma un pochino cos’è davanti a questo sole, a queste onde che ci cullano, davanti a questo cielo che si lascia solleticare dalle vele. Davanti a tutte questa gente che ride e dimentica, a queste persone a cui brillano gli occhi? Che cos’è il cancro davanti a tutto questo? Diventa più piccolo anche lui, non trovi? sebbene sia cosi spaventosamente grande, le persone trovano le loro cure per affrontare tutto. Le cicatrici restano e talvolta bruciano, ma se gli si dona tutta la bellezza possibile non avranno mai il sopravvento.
Tutta questa gente che lotta per le proprie rivincite in fondo ha già vinto e tutte queste vele raccontano proprio questo, la storia di chi ha preso in mano la sua vita nonostante tutto.
- Sai una cosa?
- Cosa ?
- Credo che il giorno in cui riprendi in mano la tua vita sia ogni volta che vivi fregandotene del dolore, e credo anche sia un giorno impossibile da dimenticare.
- Lo credo anche io, ora però godiamoci questo vento. 

 Chiara

In vela !

Il dolore in vela :
Lo si annega, c’è acqua in abbondanza
Si può dipingerlo di azzurro, di verde, di blu …
Lo si può spargere nel vento e lasciarlo andare lontano
Si può condividerlo con gli altri, cosi da farlo diventare più piccolo e leggero
Lo si porta a spasso mostrandogli che c’è qualcosa di stupendo, che non esiste solo lui.
Lo si spiazza, dandogli dimostrazione di coraggio e di voglia di libertà .
Spesso lo si dimentica, lo si lascia lì in un angolino come a dire : VINCO IO !!!!!!!!!!!
Lo si confonde cambiando rotta, cambiando direzione alle vele.
Lo si stordisce di risate .
Lo si acceca con il riflesso del sole sull’acqua che brilla .
Ma soprattutto il dolore lo si accetta, come del resto si fa con la gioia, lasciando le certezze a riva e improvvisandosi marinai.
(Chiara)

Resistere !

E allora tu resisti.
Resisti all'intemperie, alla nausea, ai dolori.
Resisti al bruciore di ogni cicatrice, alla paura, agli incubi di notte.
Allora tu resisti.
Resisti all'incertezza, alla debolezza, al fiato corto. Resisti alla puzza di medicinale, ai buchi sulla pelle, alle piastrine che crollano.
Allora tu resisti.
Resisti alle rinunce, ai giorni che non passano, alle lenzuola che graffiano.
Resisti ad un mondo che non è più il tuo mondo, resisti alle visite, alle corse contro il tempo, agli aghi che senti trapassarti il cuore.
A quei denti aguzzi sul collo, che non mollano la presa.
Allora tu resisti.
Resisti.
Chiara

Elfetta e Dino il vagabondino

C'era una volta e c'è tutt'ora una piccola elfetta. Occhi grandi grandi e ciglia lunghe lunghe.
Mani piccine ed un sorriso che brilla.
Questa piccola elfetta, ricevette un giorno in dono un unicorno dotato di ali. Era un unicorno vagabondino, una razza rarissima. Vagabondino perchè ovviamente vagabondava.
Era sufficiente cavalcarlo e sussurrare il luogo desiderato, per trovarsi al posto giusto.
Galoppa galoppa, svolazza svolazza, ed eccola lì !!!!!
Accadde cosi che risero, parlarono e si strafogarono di muffin e cioccolata calda. Si abbracciarono e poi si dissero:
"Ci vediamo presto sorriso splendido"
"Ci vediamo presto occhi splendidi"
Da quel giorno in poi ogni km che le separava sarebbe stato spazzato via, da un piccolo, colorato, alato unicorno vagabondino.
Chiara

non è un film ...

Quando ero bambina adoravo le sere dedicate alla visione di un film.
Ci mettavamo dopo cena su poltrone e divano, si spegneva la luce, si sgranocchiavano schifezze e si guardava un film.
Quando eravamo più piccole il giovedì c'erano sempre i film della Disney in tv, poi sono arrivate le videocassette ed il primo videoregistratore. Ricordo mio papà arrivare a casa con pile di videocassette. Ma ricordo soprattutto quando ci portava con lui nel negozio di noleggio e ci faceva scegliere. 
Adoravo perdermi in mezzo a tutte quelle copertine e locandine. E nonostante morissi di paura, mi piaceva avventurarmi nel settore Horror. 
Circondata da quelle immagini terrificanti, mi sentivo super cazzuta ad affrontarle da sola. Io e mia sorella siamo state abituate fin da piccine ad avere a che fare col cinema, passione che poi ci siamo portate addosso tutta la vita.
Era emozionante andare in videoteca, sembrava quasi di varcare le porte di nuovi mondi, di infinite avventure. 

Una volta mio padre scelse un film con Schwarzenegger forse Commando o Danko, non ricordo più, comunque una stronzata simile. Io avrò avuto circa 8 anni, il film finiva con Schwarzenegger che rivolgendosi al nemico con quella sua aria da vero duro, sputava con cattiveria e convinzione assoluta un "VAI A FARTI FOTTERE !!!!!!! " e poi bang, lo ammazzava !!!
Qualche sera dopo mio padre mi chiamò per la cena, ma io ero tutta indaffarata a giocare, così mi chiamò nuovamente e poi ancora, mi girai verso di lui e con disarmante naturalezza gli dissi "vai a farti fottere" e bang mi ammazzo', con uno sculaccione talmente sonoro da sentirne tutt'oggi l'eco in certe giornate di vento a favore.
Quel giorno imparai tre cose fondamentali :
la prima era che "vai a farti fottere" non si addiceva al mio papà ;
la seconda che la vita non era un film;
la terza, che i film mi piacevano cosi tanto proprio per questo motivo, non erano affatto come la vita.
Chiara

venerdì 3 novembre 2017

Dettagli

È strana la tua casa ora che non ci sei più.
Prendo quell'ascensore e sento già il nodo in gola stringersi. So che una volta che si aprirà la porta non ci sarai tu ad accogliermi come facevi sempre, sfilandomi la giacca e dandomi un bacio sulla guancia. Con le tue ciabatte, gli occhiali appesi al collo e un maglione a caso, che qualcuno ti aveva comprato e tu semplicemente indossavi.
Mi siedo su quel piccolo divano e non trovo il tuo pc acceso, i tuoi fogli, non trovo la tua sigaretta elettronica appoggiata da qualche parte.
Penso a quante volte ho visto i tuoi dettagli sparsi in giro e che silenzio adesso crea la loro assenza. Non sento più il tuo profumo.
Diventa inevitabile provare una sensazione di tristezza indescrivibile. Tutto quello che eri e tutto quello che non hai più voluto essere è lì, in ogni angolo della casa. Fa male sai??? È come prendere il cuore e trafiggerlo con milioni di spilli.
Verrebbe quasi da fuggire lontano.
Ma ho imparato col tempo che a volte il dolore degli altri viene prima del proprio e così caccio via le lacrime ed il magone. Provo ad ignorare quei maledetti spilli e cerco in ogni anfratto del mio corpo uno spiraglio di energia, una minuscola ancora a cui aggrapparmi. Sorrido alla tua Fra e tento di alleggerire anche solo un briciolo del suo immenso dolore, o almeno mi illudo che sia così.

Manchi, e a dispetto di questa mancanza, io ti voglio ogni giorno che passa sempre più bene.
Chiara

giovedì 2 novembre 2017

leaves

Tu dammi una panchina in un mondo d'autunno, io ti darò sorrisi da regalare al vento.
Chiara

Protocollo 37 - ciò che ho perso


Ho perso tutti i miei nonni
Un gatto
Ho perso Marina e Marina
Ho perso un ginocchio, un pezzo di femore, i legamenti e un mozzicone di muscolo.
Ho perso molte persone lungo la strada.
Ho perso la gamba destra di mia sorella.
Ho perso parecchie diottrie.
Ho perso Faber ed il Signor Cohen.
Una volta ho perso i capelli.
Ho perso un criceto ed un coniglio nano.
Ho perso un amico che mi ha salvato la vita.
Ho perso un mazzo di chiavi e la pazienza.
Ho perso parecchie lezioni di economia e di tedesco.
Ho perso Robin Williams.
Ho perso un lavoro tempo fa.
Ho perso mille volte il mio rossetto preferito.
Ho perso la mia amica immaginaria quando ero piccola, tutto d'un tratto, puff è sparita.
Ho perso alcuni ricordi.
Ho perso il sorriso centinaia di volte, ma quello torna, lo fa sempre.

Chiara

Neil, un altro amore.


Neil Gaiman è uno scrittore, sceneggiatore e fumettista britannico. Ma soprattutto è un uomo in grado di creare mondi. Ed è nella lista dei grandi amori della mia vita. Leggo i suoi libri da molti anni e senza ombra di dubbio ritengo il suo modo di scrivere tra i più affascinanti in assoluto.
La sua poetica eleganza mista a volte alla sua velata ironia è ciò che di lui amo di più. Ma in realtà la sua straordinaria capacità, quella che secondo me lo distingue da chiunque altro, è il saper trasformare il macabro in qualcosa di naturale. La sua scelta di scrivere racconti horror per bambini e ragazzi è coraggiosa tanto quanto quella di Tim Burton. Forse proprio per questa scelta, entrambi, non hanno mai goduto di un numeroso seguito di fans, soprattutto in Italia, mi verrebbe da aggiungere.
"Il figlio del cimitero" per esempio, narra di un bambino cresciuto dai morti di un cimitero. È difficile riuscire a non rendere spaventoso agli occhi di un bambino un racconto simile, ma nell'avanzare della storia tutto vi sembrerà naturale. Giocare tra le tombe, imparare l'alfabeto con i nomi incisi sulle lapidi e fare amicizia con i figli morti di una famiglia sterminata. Nobody questo è il nome del bambino, vive il suo cimitero come un qualsiasi bambino vive la sua casa.
Occorre una notevole intelligenza ed un'immensa sensibilità, per riuscire a trattare il tema della morte quando lo si racconta a lettori così giovani.
Gaiman affronta tutte le paure dei bambini, anche quelle più profonde e le trasforma in mondi magici e non sempre ciò che è magico è perfetto. In una società in cui tutti scongiurano la morte, con tentativi vani di una vita pressoché eterna, Gaiman restituisce alla morte il suo diritto di essere naturale, tanto quanto la vita. Non la rende bella anzi, la fa sembrare talmente definitiva da risultare un inno alla vita. A vivere. Giocare con la morte lasciandole comunque appiccicata addosso la parola "FINE" , è talmente complicato che solo pochi scrittori possono concedersi il lusso di farlo.
Ovviamente la morte non è l'unico tema, sebbene sia ricorrente. Gaiman gioca con la magia, la spiritualità, prende gli dei li scaraventa in terra e li rende umani, crea mondi sotterranei che non sempre sono migliori del mondo reale. È uno scrittore adulto che sa essere fanciullo senza alcuna difficoltà, come se avesse preservato e custodito la sua infanzia in un cassetto dentro sé, senza mai archiviarla. Ma non nel modo in cui facciamo tutti, è come se fosse realmente in grado di tornare bambino, sebbene in certi libri torni ad essere un adulto a tutti gli effetti.
Io sono dell'idea che i bambini abbiano bisogno di storie come le sue, anche di quelle più macabre. Penso che certi temi se affrontati nel modo giusto, debbano far parte di noi dai primi anni di vita. Allontanare il concetto della morte e della sofferenza non farà che renderle più spaventose ai nostri occhi il giorno che ne conosceremo il volto.
La fantasia di Gaiman è pressoché infinita, intreccia tristezza e gioia, magia e realtà, luce ed ombra come rami in autunno. Donando la giusta malinconia, ma senza rinunciare alla bellezza.
Non ha la presunzione di farci credere che i suoi mondi fantastici siano migliori del mondo in cui viviamo, anzi spesso è esattamente il contrario. Non cerca la perfezione nei mondi che inventa, forse perché consapevole, che un mondo perfetto, non possa esistere nemmeno se uno prova ad inventarselo.
Non vi resta che innamorarvi di lui, se ancora non lo avete fatto.
Chiara

poesie nel mondo

Se c'era una cosa che amavi fare, era viaggiare.
Ogni volta che raccontavi dei tuoi viaggi gli occhi ti brillavano. Conosco a memoria tutte le tue storie ed avventure. Eri bravo a raccontarle, riuscivi sempre ad emozionarmi e poi a farmi ridere.
Così ho fatto una promessa a me stessa e soprattutto a te. Tutte le volte che metterò i miei piedi in un luogo nuovo, ti scriverò una piccola, minuscola, impercettibile poesia sopra ad un quasi invisibile pezzo di carta. La lascerò sotto un sasso, su una panchina o magari tra le radici di un albero.
Ti porterò ovunque. Saprò che i tuoi occhi vedranno posti meravigliosi e che continuerai a fare in modo diverso ciò che tanto amavi, ti donero' nuove storie da raccontare.
Da oggi, il mio prossimo viaggio sarà anche il tuo.
Sai Enzo a cosa continuo a pensare?? A quando da solo, in mezzo al deserto, hai preso dalla macchina il tuo fornellino da campeggio, la moka e seduto all'ombra di un cactus ti sei bevuto il caffè.
Ti prometto, che se mai un giorno riuscirò a vedere il deserto, ti scriverò una piccola, minuscola, impercettibile poesia sopra ad un quasi invisibile pezzo di carta e la lascerò lì, all'ombra di un cactus.
Con amore
Chiara