mercoledì 21 agosto 2019

Non sono..

Non sono una guerriera.
Non lo sono mai stata.
Sono una persona che a furia di affrontare ostacoli, di notte a volte fatico a prendere sonno e mi agito e mi sembra che il cuore non regga più.
Non sono una guerriera. Sono una persona, esattamente come voi, è questo ciò che dovete capire. Sono VOI, ma con problemi di salute infiniti.
Non ho super poteri, non ho armi, non ho scudi, non ho corazze.
Faccio quello che posso.
Crollo, piango, provo paura, moltissima paura.
Perciò non chiamatemi guerriera né in vita, né dopo la vita.
Non amo le etichette e ritengo che questa parola diventata tanto di moda, lo sia.
Quasi a dare un merito a chi soffre o a chi non c'è più. Non incasellate le persone, perché le persone non sono solo ciò che dimostrano durante il loro percorso di malattia, sono molto altro.
Con gli anni ho capito che usare il termine "guerriero" appiccicandolo ad ogni malato è ingiusto. Fa di lui qualcosa che non sarebbe mai voluto essere. È come dirgli "che bravo che sei, sorridi nonostante tutti quei buchi sulla pelle". Non so, a me suona come biscottino ad un cane, dopo aver dato la zampa. Dare del guerriero a chi lotta è come dare del fallito a chi non lo fa. Come se esistessero regole, come se qualcuno avesse stabilito chi tu debba essere durante la tua malattia. Come se esistesse un giusto o sbagliato. Non trattate i malati con tale sufficienza.
Non ho mai raccontato le mie esperienze per farmi dire che sono forte, o per imporre a qualcuno di esserlo. La forza non appartiene solo ad alcuni, è in tutti noi. Non esistono guerrieri e mezze seghe, esistono solo le persone e le persone come si sa, accusano il colpo e poi reagiscono, ognuno a proprio modo.
Le persone sì, danno esempio, conosco tantissime persone dalle quali ho imparato tanto e che mi hanno insegnato tanto, ma dare loro dei guerrieri è come dargli una responsabilità che non hanno. Perché purtroppo, a volte, arriva un momento che la tua forza e il tuo coraggio non sono sufficienti.
Ho lottato? Certamente, ma per troppa paura di morire. Per l'immensa paura di lasciare tutte queste cose che amo. Nella malattia non si è solo ed esclusivamente una cosa sola. Ci sono giorni che usi le unghie, ci sono giorni che ingoi lacrime, ci sono altri giorni che non sei tu a scegliere. Giorni che sei in balia del tuo star male, che non riesci a decidere nemmeno di aprire gli occhi.
Non siamo guerrieri, siamo persone che fanno ciò che possono per andare avanti anche solo un giorno in più. Facciamo ciò che fareste voi nella stessa situazione.
Non ne posso più di questa parola messa come una medaglia al valore, sul petto di chi avrebbe voluto costruirsi una vita lontano anni luce da tutto quel dolore.
Se Nadia Toffa non fosse morta di cancro, ma in un incidente, non avrei sicuramente letto quel "RIP guerriera" in tutte le vostre bacheche, ma forse più semplicemente un "RIP Nadia".
Ciò significa che la state ricordando solo per la sua malattia e non per la persona che è stata in questi quarant'anni.
Quando sarà il mio momento, ricordatevi che io sono Chiara e non "Chiara che ha avuto il cancro" .

Chiara

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