mercoledì 26 febbraio 2014

Libri, rifugi e mondi paralleli





C’è il ronzio incessante delle auto sulla strada
il chiasso di un ubriaco che urla, impaurito dai propri fantasmi
il rumore di qualcuno che corre sulle scale e un cane che abbaia ad un ombra sospetta.
C’è il tonfo di un’imposta che sbatte per il vento e le risate di qualcuno che si diverte. 
Poi più che un gesto è una vera e propria magia. 
Indossi il pigiama, ti infili sotto le coperte e accendi la tua abat-jour.
Con il libro tra le mani ti lasci alle spalle i rumori, le voci e il caos.
Ci sono mondi in certe pagine che ci chiamano e ci aspettano. Ci sono strade da percorrere e storie da scoprire, persone che possiamo amare oppure odiare ed esistono luoghi in cui vorremmo poter vivere.
Vicoli bui dove puoi sentire l’odore della paura saltarti addosso, e spazi infiniti dove gli alberi si intrecciano.
Pagina dopo pagina tutto ciò che hai intorno piano piano svanisce e ti ritrovi con in bocca il sapore del porridge, che qualcuno, in una terra lontana e remota ha appena cucinato. 
Le storie scritte sono mondi paralleli al nostro, invisibili ai nostri occhi, ma che silenziosi galleggiano intorno a noi.
I libri sono la chiave per poterci entrare e le pagine la direzione da seguire. 
Se cerchi un rifugio sicuro, lì lo troverai senz’altro.

Chiara G. (Piovono Parole)

sabato 22 febbraio 2014

Ciò che non torna ma che resta ..





(immagine utilizzata music_by_OnJedone) 

A volte serve cosi poco per afferrare la bellezza della vita , a volte bastano una panchina in riva al lago , un walkman e un Prof.
Mettiamo subito in chiaro una cosa, non una panchina qualunque, non della musica qualsiasi e soprattutto , sopra ogni cosa non un Prof come tanti.
Me ne stavo seduta su una panchina  in riva al lago una mattina di molti anni fa e sicuramente c’era qualcosa nell’acqua del lago, nel suo colore e nel suo odore che la rendeva molto più interessante di una lezione di economia. Non so dirvi cosa ma quel qualcosa era sufficiente a farmi stare li anzichè in classe.
Ricordo bene cosa stessi ascoltando dal mio” inseparabile walkman”, perchè quando hai diciassette anni possiedi sicuramente un walkman e il più delle volte è un ”  inseparabile walkman”, dicevo, ricordo con precisione cosa stessi ascoltando, “Stoosh” degli Skunk Anansie , album che ho praticamente consumato. Non ricordo che stagione o che mese fosse, indossavo un giubbotto leggero, me ne stavo in tutta tranquillità a fantasticare, quando senza nemmeno rendermene conto ho sentito qualcuno sedersi al mio fianco.
“Posso ascoltare anch’io?” devono essere state più o meno queste le parole che ho sentito , ho tolto un auricolare e come se fosse la cosa più naturale del mondo ho condiviso la mia musica con il Prof di informatica. Non so dirvi x quanto sia rimasto ad ascoltare la musica dal mio ” inseparabile walkman”, una canzone due non ne ho idea, ma so dirvi per certo che in quel momento anche lui come me vedeva nel colore del lago qualcosa di così splendido da inchiodarlo  lì.
“Adoro la voce di Skin” poi sorride, mi restituisce l’auricolare e mi dice “buona continuazione” e  se ne va con le sue mani in tasca pronto per la prossima lezione.
Potrà sembrarvi strano ma non ho avuto nemmeno per una frazione di secondo, il timore che quell’uomo ricciolino con le mani in tasca potesse pugnalarmi alle spalle e non lo fece. Quella mattina continuò nei migliori dei modi,  non fui scoperta e nessuno telefonò a casa .
Ho capito solo dopo un pò di anni il gesto del Prof e la sua decisione. E’ quel genere di lezione che impari fuori dai banchi e che capisci sempre tardi, o chissà forse al momento giusto.
Non sarebbe mai più tornata una mattina come quella e lui lo sapeva. Io sarei cresciuta, avrei preso delle decisioni, avrei scelto un lavoro, mi sarei innamorata non sarei mai più stata quella ragazza su quella panchina. Non avrei mai più avuto le stesse fantasie, gli stessi sogni e la stessa leggerezza di quel giorno, perchè quel giorno come tutti del resto era irripetibile. Se mi avesse fatto la predica o costretto a tornare in classe, chi mi avrebbe  più ridato il colore del lago di quella mattina? il suo odore la luce intensa che nasce quando il cielo lo accarezza. Chi mi avrebbe ridato indietro i sogni nati da una canzone ascoltata in quel preciso istante? I sogni che nascono a quell’età ci cambiano, ci stravolgono , ci aiutano a diventare ciò che siamo oggi.
Aveva ragione il Prof, non è più tornata quella mattina, non sono più stata la stessa ragazza seduta su quella panchina, la vita non ti concede spesso di trascorrere le ore in quel modo lì, la vita va di fretta, ti complica le cose, ti chiede tanto, pretende molto .. vuole che tu sia attenta, concentrata, responsabile, coraggiosa e forte.
Mi capita di pensare che se quel giorno fossi entrata in classe per la lezione di economia oggi sarei diversa, avrei sicuramente un piccolissimo , microscopico tassello della mia personalità diverso. Chissà forse sarei più lunatica o più razionale chi può saperlo? ..
Quel che so è che quel giorno il Prof aveva già dato la sua lezione ancor prima di entrare in classe, una lezione che a distanza di quindici anni  non smetto di dimenticare e che ha saputo rivelarsi più profonda e vera  di una banalissima e noiosissima “Partita doppia” . 

Chiara G. (Piovono Parole)

giovedì 20 febbraio 2014

dovremmo tutti cominciare ad amarci davvero ..








Com'è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri, pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta, anche se quella persona ero io. Oggi so che questo si chiama "rispetto".
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di desiderare un'altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda è un invito a crescere. Oggi so che questo si chiama "maturità"...
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto e che tutto quello che succede va bene. Da allora ho potuto stare tranquillo. Oggi so che questo si chiama "stare in pace con se stessi".
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di privarmi del mio tempo libero e di concepire progetti grandiosi per il futuro. Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento, ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi. Oggi so che questo si chiama "sincerità".
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò che non mi faceva del bene: persone, cose, situazioni e tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso... all'inizio lo chiamavo "sano egoismo"... ma oggi so che questo è "amore di sé".
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di voler avere sempre ragione. E così ho commesso meno errori. Oggi mi sono reso conto che questo si chiama "semplicità".
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro. Ora vivo di più nel momento presente, in cui tutto ha un luogo. È la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo "perfezione". Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto che il mio pensiero può rendermi miserabile e malato. Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore, l'intelletto è diventato un compagno importante. Oggi a questa unione do il nome di "saggezza interiore".
Non dobbiamo continuare a temere i contrasti, i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro dando origine a nuovi mondi. Oggi so che tutto questo è "la vita".

-- Charlie Chaplin

martedì 18 febbraio 2014

Pezzetti di me ..




 (immagine utilizzata “butterflay” di XSilviettaX) 


Ci sono sere che creare è difficile. Mi metto al tavolo mi armo di pinze e tronchetti ma le idee non vengono. Creo e disfo in continuazione. A fatica qualcosa salta fuori un paio di orecchini, un segnalibro ma c’è qualcosa che mi blocca, come se l’immaginazione si fosse presa una  pausa o fosse nascosta ed intrufolata dietro una strana curva del cervello.
Poi ci sono altre sere come questa, mi metto al tavolo e tutto vien da sè , le mie mani sanno  perfettamente cosa fare, perle e perline prendono forme perfette, i colori si alternano e i vari componenti vanno al posto giusto. L’immaginazione esce allo scoperto e invia immagini continue, le mie mani le ricevono e  compiendo una splendida  magia trasformano qualcosa di astratto in concreto.
Creare è un sentimento. Quando crei provi qualcosa, qualcosa che non riesci a spiegare, la spiegazione sta in ciò che fai, in ciò che nasce dall’unione dei componenti, dei materiali e dei colori. Dare vita ad un oggetto è una sensazione singolare, non è come vedere l’alba o cose del genere è più come sentirsi bene, sentirsi in pace, tutto ciò che prima sembrava caos diventa bellezza e sai che qualcuno lo indosserà. Qualcosa di mio, un pezzetto di me sparso per il “mondo”.
Ecco scrivere è come creare, a volte le parole arrivano come un’onda anomala, prendono forma su un foglio, su uno schermo o semplicemente nella testa e diventano vere una volta lette. Diventano concrete una volta scritte, non le puoi toccare ma le puoi leggere. Sai che qualcuno forse un giorno le leggerà e le farà sue. Qualcosa di mio, un pezzetto di me sparso per il “mondo”.

Chiara G (Piovono Parole)

lunedì 17 febbraio 2014

Ophelia ...













(immagine utilizzata di “mandy-tsung”_inner-peace1)

“Quando Ophelia fu sola , pianse, non sapeva per quale ragione stesse piangendo, semplicemente le lacrime avevano iniziato a scendere come  la cosa più naturale del mondo. Non perchè era rimasta sola, non c’era un motivo preciso, non era  perchè si sentiva come se un carrarmato fosse passato sul suo corpo, nè per i suoi ricci stesi senza vita sul cuscino , e nemmeno per quella tremenda nausea che non se ne andava, forse era solo che aveva il cancro. Quando resti sola con quella macchia nera che un po’ alla volta mangia qualcosa di te , quando nel silenzio della tua stanza ti sembra  sentirlo sgranocchiare, quando senti che non esiste la certezza di poterlo fermare , le lacrime scendono e non c’è modo di fermarle è inevitabile, inevitabile come un brivido quando il freddo ti sorprende. .
Si asciugò l’ultima lacrima e decise, almeno per quella sera, che  non le importava sforzarsi di star bene, non le importava  dimostrarsi forte e senza paura, quella sera desiderava solamente lasciarsi andare, desiderava ascoltare il suo dolore e rispettarlo, perchè è così che deve essere, ci sono momenti in cui il dolore va rispettato, va compreso e va accettato, come del resto si fa con la felicità.
Domani sarebbe stato un giorno diverso, domani avrebbe lottato con tutte le sue forze, ma quella sera si lasciò cullare dal suo dolce e disperato dolore come fosse un amante, uno di quegli amanti che al risveglio non trovi più accanto.”

 Chiara G. (Piovono Parole)

giovedì 13 febbraio 2014

Una stanza in affitto, il mio benvenuto !








Questa nuova stanza che ho preso in affitto è un pò speciale , non ha mura ma solo finestre .. attraverso queste finestre il mio mondo si mescola con il mondo fuori fino a diventare una cosa sola. 
Questa unione di ciò che c’è fuori e ciò che c’è dentro avverrà attraverso le parole.
 Le parole non sempre sono sincere, spesso incantano,confondono e inventano.
Con le parole si può essere ciò che si vuole ma allo stesso tempo si può essere incredibilmente se stessi. La caratteristica straordinaria delle parole è che parlano di te e di chiunque , parlano di qualcuno e di nessuno le sentiamo nostre ma alla fine sono di tutti. 
Io le userò senza pretese per raccontare il mondo visto dalla mia stanza ma soprattutto per raccontare al “mondo” cosa c’è nella mia stanza.

Benvenuti nel mio Blog ... 

Chiara G (Piovono parole)