domenica 17 febbraio 2019

La sua città

Aveva sempre vissuto lì, da che ne aveva memoria, tutto ciò che ricordava della sua terra nativa erano immagini sfocate, senza collocazione.

Ogni venerdì mattina scendeva in strada a comprare del pesce al banco migliore di tutta Chinatown. Era un uomo abitudinario. Le abitudini gli mettevano tranquillità. Lo era diventato da quando la sua vita era stata segnata dalla solitudine. Era un uomo solo.
I suoi figli da anni ormai lo chiamavano solamente a Natale, più per coscienza che per volontà.

Non aveva mai visto nessun altro posto in tutta la sua vita, se non New York.  La sua città era tutto ciò che aveva, forse per qualcuno potrebbe sembrar poco o nulla, ma per lui no. In mezzo a quella folla urlante, tra quei venditori di cianfrusaglie e quelle lanterne un po' fasulle dei ristoranti cinesi, lui stava bene. Durante tutti quegli anni le persone lo avevano tradito, abbandonato e poi dimenticato, ma la sua città, lei, non lo aveva deluso mai.
Era sempre stata lì. Sincera a tal punto da non dover mai mentire pur di sembrare diversa.

Quella mattina il cielo era coperto ed una leggera pioggia canticchiava canzoni incomprensibili sugli ombrelli tesi.
Le persone sembravano sempre impazzire durante i giorni di pioggia. A lui questa facilità di destabilizzarsi degli esseri umani faceva sorridere, bastavano due gocce di pioggia a peggiorare un'intera giornata.

Prese il pesce e tornò a casa. Alle 12:30 iniziava il suo programma televisivo preferito, lo avrebbe guardato mangiando comodamente su quel divano ormai logoro.

Era un uomo stanco. Le sue rughe che apparivano come solchi, ricordavano le Avanues della sua città : luoghi in cui tutto era accaduto e in cui tutto poteva ancora accadere.

Chiara.
(Ph. Chiara Gafforini aprile 2017 Chinatown)

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